mercoledì 10 dicembre 2008

Omosessualità, cultura e teologia.

Sono giorni questi in cui la tematica dell'omosessualità ritorna in prima pagina.
Un bel film, I segreti di Brokeback Mountain, storia d'amore omosessuale fra due cowboy, è stato tagliato lunedì 8 dicembre su RAI2 nelle scene di affetto tra i due cow-boy.
Caso, distrazione o censura?
La richiesta della Francia all'Onu di depenalizzare l'omosessualità nel mondo, nel 60esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, è stata bocciata dal Vaticano.
Non mi scandalizzo più per queste prese di posizione in cui la persona viene schiacciata sotto il peso di un oppressione culturale e religiosa. Sono solo stanco e deluso, indignato e pieno di dolore.

Questa sera cerco rifugio nella teologia e trovo conforto nella rilettura del primo numero di quest’ anno della rivista di teologia internazionale Concilium interamente dedicato all’omosessualità.
Riporto integralmente il pensiero espresso dalla teologa che firma l’editoriale perché , mai come in questo caso, le parole chiariscono un concetto da me condiviso.
Un primo passo per procedere da qui in avanti è fatto la dove – come nel Catechismo della chiesa cattolica (1992) – si dice che le persone omosessuali non possono essere sottoposte a “ingiusta discriminazione” (n.2358) . A prescindere dal fatto che questa formulazione sembra suggerire che esiste anche una discriminazione giusta e giustificata tra le persone, questo riconoscimento è un momento importante. Ma è un passo nella direzione sbagliata: è una mossa verso l’identificazione o il rafforzamento di una categoria segregante.
“Rispetto, compassione, delicatezza” – così il Catechismo – devono essere dimostrati nei confronti degli “omosessuali”. “Compassione” e “delicatezza” sono spesso atteggiamenti per le persone che soffrono una grave mancanza o la cui umanità stessa viene definita una carenza. L’invito al “rispetto” di “tali” persone appare dunque una forma retorica di cui si pretende il rispetto, ma si presuppone anche la disistima. Essa solidifica un essere-altro classificato di qualità morale inferiore e rende possibile la segregazione dei “non normali” tra “noi”.

La teologa Regina Ammicht Quinn, che firma l’articolo, vede una via d’uscita dalla trappola delle singole identità in una “decolonizzazione delle mentalità”.
Tutti noi siamo tanto segnati dalla nostra cultura, e non possiamo perciò dire come il desiderio sessuale si manifestasse “prima di ogni cultura” o “all’inizio”.
E’ risaputo che in tutte le epoche e in tutte le culture sono vissuti donne e uomini che si sono sentiti attratti verso persone del proprio sesso. In questa situazione generale si può senz’altro parlare di una costante del genere umano.


Passo semplicemente alla mia storia personale.
La mia cultura personale e religiosa mi ha formato nel considerare “diversi”, “malati” “ingiustamente discriminati” gli omosessuali a tal punto che se vedevo due uomini baciarsi mi doleva il basso ventre.
Grazie a Dio negli ultimi anni, ho incontrato persone che mi hanno aiutato a slegare la tenerezza cristiana dai legacci dell’ipocrisia.

Ho camminato sulla spiaggia di Barcellona qualche week end fa, e quando ho incontrato due uomini che si baciavano amorevolmente mi sono proprio sentito bene.

Anche io, come la Francia all’Onu, riaffermo il principio di non-discriminazione, il quale richiede che i diritti umani siano applicati in modo eguale a ciascun essere umano senza distinzione di orientamento sessuale e identità di genere.

Ciao.
Claudio

1 commento:

Anonimo ha detto...

ottima riflessione... si segnala su gionata.org :-)

un salutone

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